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FIR E DINTORNI

GAVAZZI:”PER L’ITALIA IL MIO E’ APPROCCIO SARTORIALE. PER CALVISANO E’ SOLO AFFETTO”

Ecco il risultato di due chiacchiere con il Presidente Federale Alfredo Gavazzi, tre domande e tre risposte che è come dire “arrivederci“.

Perchè questa chiacchierata e perchè queste tre domande? Il rugby italiano propone temi vuoti, stantii ed autoreferenziali. Così dicono in molti, autorevolissimi, e da queste parti si pensa che abbiano ragione. Così “Il Nero il Rugby” vuole mettere dentro a questo nostro mondo un paio di temi pesanti. La scorsa settimana si è messo in pista il primo con un pezzo su questo Blog (clicca qui per leggerlo) che, partendo da una analisi anglosassone sul rugby francese, voleva introdurre il tema della crescita a due velocità per il rugby in Italia.

Tema spinoso, apertamente impolitico, che diceva pressapoco così:”…possiamo/dobbiamo riconoscere o no ad alcune zone del nostro territorio un ruolo-guida nella gestione tecnica e nella diffusione del rugby in tutta la penisola? La cosa è già nei fatti ma riconoscerla implica, oltre ad un profondo disagio politico, una programmazione seria di crescita di certi territori e l’assunzione da parte di questi territori di una responsabilità diretta verso la crescita uniforme di tutto il movimento”.

Fa piacere che proprio il Presidente Federale Alfredo Gavazzi abbia “colto” il dibattito e abbia dato il “via” con le sue risposte a “Il Nero il Rugby“. (Leggete bene fra le righe che certe risposte si danno anche così).

Stefano Franceschi:Presidente, se esiste, come in Italia esiste, una zona di maggior sviluppo del rugby, l’idea di partire da quella, l’idea quindi di una crescita “a due velocità” è una possibilità da prendere in considerazione? Può essere una risorsa interessante o di fatto si può tramutare solo in una dimensione egoistica?”

Alfredo Gavazzi:“E’ evidente come, anche in Paesi più rugbisticamente evoluti dell’Italia, dove il Gioco è maggiormente diffuso, vi siano aree o Regioni dove la tradizione e la passione – e di conseguenza risorse e competenze – sono più radicate nel tempo. La Francia, dove passione e risorse sono particolarmente concentrate al Sud, è un efficace esempio.  L’Italia, pur se più giovane rugbisticamente rispetto ai suoi principali competitor, non fa eccezione: ci sono Regioni che operano inequivocabilmente ad una velocità superiore ad altre. Come Federazione, ritengo doveroso garantire l’applicazione uniforme del progetto tecnico federale sull’intero territorio nazionale, cercando al tempo stesso di intervenire in modo mirato sui singoli territori in base alle esigenze e necessità. Più che una crescita a due velocità, penserei ad un approccio che possiamo definire sartoriale, mirato alle esigenze specifiche, con un occhio di riguardo all’impiantistica in particolare nel Sud del Paese, dove troppo spesso la mancanza di strutture adeguate diventa un freno alla pratica sportiva dei giovani. E’ indubbio che, oggi, il Meridione necessiti di interventi adeguati che tengano in considerazione le differenti esigenze”.

S.F.:”Di fatto le due velocità esistono già in campo, impossibile paragonare i team del Pro14 a quelli di Top12, il rugby italiano non è quello che si gioca in Francia o altrove, del resto quello francese è ben diverso da quello inglese o argentino e via così… nel bene e nel male esiste o dovrà esistere una “scuola” rugby italiana?

Alfredo Gavazzi:”Più che di scuola, parlerei di modello italiano. In passato, l’ho spesso ripetuto, potevamo contare su due vivai, quello autoctono e quello argentino. Il professionismo ha reso il secondo, di fatto, non più disponibile: uno stimolo ulteriore a sviluppare il nostro percorso, avviato con la prima Accademia Nazionale nel 2006 e che, dopo una recente revisione, ha portato all’attuale struttura di sviluppo dei nostri giovani. Nessun modello è perfetto, assoluto, non modificabile ma è evidente come il gap con le altre Federazioni del 6 Nazioni vada riducendosi. Non lo dico io, lo dicono i risultati: l’evoluzione della collaborazione con le franchigie di PRO14 ha portato Benetton a sfiorare le semifinali, l’Under 20 è stabilmente nella top ten mondiale, l’U18 nelle ultime stagioni ha battuto Galles, Scozia, Francia e Inghilterra, la Femminile ha ottenuto un risultato storico nel 6 Nazioni. Ne siamo entusiasti, ma è solo l’inizio di un processo e conferma che, quando le condizioni sono simili, quando non vi sono cento anni di storia e di esperienza a separare come può avvenire nel 6 Nazioni, il nostro modello produce risultati e siamo competitivi con le altre Union Tier 1”.

S.F.:”Riconoscere “ruoli”, attribuire “importanza”, assumere ruoli-guida ma soprattutto accettare che qualcuno li abbia, associarsi ed aggregarsi è sempre più difficile per il rugby italiano. Guardiamo al fatto più eclatante: perché, secondo il suo punto di vista, i team di Top12 non sono riusciti a costituire la Lega dei Club?

Alfredo Gavazzi:Guardi, io sono un uomo di Club, provengo da quella realtà e credo di conoscerla in profondità. Non l’ho mai nascosto e spesso il mio legame con Calvisano – ormai puramente affettivo – è stato anche oggetto di dibattito sui media di settore. Il Peroni TOP12 è il nostro massimo campionato, assegna il titolo di Campione d’Italia, è un momento chiave nel passaggio verso l’alto livello dei nostri migliori giovani, ha un ruolo preciso nel nostro progetto tecnico. Ho sempre manifestato il favore di FIR verso la ricostituzione di una Lega, ed ho lavorato personalmente per creare le condizioni in tal senso perché ritengo potrebbe porre le basi per sviluppare il campionato soprattutto sul piano finanziario e commerciale. Le potenzialità ci sono, basti pensare alla recente messa in onda in chiaro da parte di RAI delle fasi finali e alla scelta di Peroni di legare il proprio brand alla manifestazione. Confido, come sempre, che il buon senso comune possa guidare nella giusta direzione”.

Grazie al Presidente Gavazzi. Il dibattito è aperto.

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