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AZZURRI

NAZIONALE SENZA TALENTI MA E’ O’SHEA CHE VA KO

Lo si sapeva ma le strombazzate dei comunicati stampa FIR facevano passare tutto sotto traccia, una cortina fumogena che si è però alzata al primo calcio d’inizio di questo Sei Nazioni e che, con il Galles, ha svelato il suo tratto più drammatico.

Senza talento non si va in Nazionale ma questa nostra Nazionale non è un punto di arrivo di talenti ma una ulteriore palestra di allenamento e di crescita per i potenziali talenti. Assurdo. Il nostro sistema federale è talmente fragile che sono costretti a raccontarci che ogni stazione è un punto di partenza, lo è l’Eccellenza per i giovanotti delle Accademie, li possono crescere, poi ci sono le franchigie, lì possono crescere, poi la Nazionale Under20, li possono crescere, poi c’è la Nazionale maggiore, lì possono crescere, un loop che non prevede punti di arrivo.

Le altre del Sei Nazioni non sono così, nessuna è così, la loro Nazionale maggiore esprime il meglio della formazione nella Nation, ogni tanto mettono in campo qualche “promessa”, fanno qualche test, lo fanno soprattutto quando giocano con l’Italia. Perchè, secondo voi, se l’ospite del Millennium Stadium fosse stato invece dell’Italia altra Nation, uno come Halfpenny sarebbe partito dalla panchina?

Non ci sono chissà che talenti fra i nostri azzurri, questo si vede in campo, ma, ora è chiaro, non ci sono nemmeno coloro che sanno farli crescere. Perchè poi quei ragazzi giocano da diversi anni nell’Alto Livello, guardano negli occhi Ospreys e Scarlets, Dragons e Blues, quindi mettono l’azzurro vanno in campo con le seconde e terze scelte gallesi e rimediano una figura barbina. Una cosa davvero brutta averli visti lo scorso fine settimana: tutto cuore e gran poco rugby.

Alla faccia poi della coperta lunga e della profondità in questo Sei Nazioni O’Shea ha pure “usato” sempre gli stessi giocatori con ben pochi cambi in questi primi quattro disastrosi match, tanto per dire a tutti noi che non c’è trippa per gatti.

L’irlandese, pesantemente criticato, si è difeso dicendo che “non sono stati fatti i cambiamenti necessari anni fa” ma si sbaglia di grosso. Abbiamo smantellato un campionato nazionale che ci aveva portato nel Sei Nazioni per consegnare i nostri “talenti” alle Accademie Federali, una dozzina di milioni spesi, ma forse di più, per poi spendere altri 60 milioni di euro negli ultimi 7 anni per farli crescere nelle “franchigie” di Parma e Treviso. Quelle franchigie hanno allenatori stranieri illuminatissimi e soprattutto non italiani, che pare essere un tratto di nobiltà, con i quali il nostro Conor collabora giornalmente.

Se il risultato è che in Nazionale non abbiamo talenti qualcuno si dovrò spiegare ma anche O’Shea deve farlo però, perchè dall’alto del suo cavallo bianco ci sta partorendo una Nazionale priva di ogni caratteristica tecnica evidente. Non abbiamo una difesa affidabile e non abbiamo attacco, non abbiamo una mischia solida e non abbiamo palle veloci, non abbiamo peso e non ci basta la velocità, non abbiamo fitness. Ma esattamente in cosa siamo cresciuti con lui in questi anni?

La verità che non piace ai media ed alle mamme è che in campo ci sono troppi ragazzi che non sono cresciuti, talenti con il punto di domanda ed un tecnico, O’Shea, che pare non avere come specialità quella di far crescere, così noi siamo costretti a sentirci la tiritera tutta azzurra e tutta italiana dell’estremo geniale solo perchè fa quattro guizzi che ha imparato in Under12. Il rugby è molto di più.

Per le due partite perse in questo Sei Nazioni i giornali inglesi hanno scritto che è la fine del progetto di Eddie Jones e stiamo parlando di una Nazionale che sta oggi come oggi al terzo posto del Ranking mondiale del nostro rugby. In Sudafrica, dopo una dozzina di sconfitte, hanno in queste settimane ufficializzato il cambio del Coach affidando gli Springboks a Rassie Erasmus. Eppure i Mondiali sono il prossimo anno, per tutti, partono il 20 settembre 2019. Vale anche per noi.

La partita con il Galles è il punto di arrivo di O’Shea, con le sue parole di Cardiff ha apertamente dichiarato, stante questo sistema, la sua impotenza di fronte al “ritardo” del nostro rugby. A chi tocca prenderne atto?

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