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AFFARI ESTERI

ANCHE IL SUDAFRICA NEL DERBY MORTALE “NAZIONALE VS CLUB”

SUDAFRICA RUGBY

A guardare il bicchiere mezzo pieno l’ultimo “The Rugby Championship” del sud ha decretato lo strapotere All Blacks, poi c’è però anche quello mezzo vuoto ed allora eccoci a parlare di Sudafrica.

Guardare a questo bicchiere mezzo vuoto ci consegna la dimensione di un altro problema molto attuale e moderno del nostro rugby, un problEma che è forte anche in Europa: il rapporto fra club e Nazionale.

Il team di Willie Le Roux, Tendai Mtawarira, Ruan Pienaar, Morne Steyn e Francois Louw, solo per dirne alcuni, ha esibito, nella recente competizione a quattro, una sostanziale instabilità in tutti i reparti, che tutto questo non sia stato frutto di una serie di giornate storte lo dimostra anche il grande fermento che, dopo quest’ultimo torneo per nazioni della Sanzar, si vive in Sudafrica, c’è aria di crisi ma da dove viene questa cosa ?

A dare fuoco alle micce in questi giorni è stato Joel Stransky, Springboks degli anni ’90, voce autorevole ed ascoltata nel mondo ovale sudafricano, che ha detto tra l’altro: “Il rugby sudafricano è marcio (rotten) dalla testa ai piedi . E’ un problema che arriva da lontano e non riguarda solo il 2016 e l’alto livello, ma anche la base. I bambini che giocano nelle scuole non hanno le stesse skills rispetto ad altri paesi e nemmeno allenatori tanto preparati”. Fino a qui la dichiarazione del Joel ricalcava il solito problema della qualità della formazione giovanile, anche questo elemento da vedere ma il vero affondo viene dopo:” Le 14 Unions non lavorano avendo come obiettivo quello di far diventare gli Springboks la miglior squadra al mondo: pensano ai propri risultati nel Super Rugby e in Currie Cup”. Insomma il problema è il rugby di club!

Insomma, a livello tecnico,  sono i club che devono guardare alla Nazionale come fine ultimo oppure quest’ultima è la sintesi di una attività di club ben congegnata? In verità forse la risposta è la somma delle due interpretazioni e questo non per considerazioni generali ma perchè fino a pochi anni fa era la sintesi fra le due cose la risposta che ha fatto grande il rugby. Poi sono entrati in scena i club che giocano tantissimo e sempre, anche durante le finestre dei Test Match p Tornei delle Nazionali,  e le Federazioni che pensano di essere dei grandi Club.

Su tutto questo ha inciso moltissimo la visibilità globale di ogni evento sportivo, cosa dovuta alla apertura di ampi spazi televisivi mondiali grazie anche alle nuove tecnologie, ed ha favorito le attività delle Nazionali che sono diventato elemento promozionale non più solamente nel proprio paese ma a livello mondiale. Basti fare un esempio: il prossimo Test Match della finestra di novembre 2016 fra Irlanda e Nuova Zelanda si giocherà a Chicago.

Lo scontro tutto europeo, nato dalla Francia, fra club e Nazionali è ancora a livello embrionale, i club di altissimo livello hanno intanto costruito una loro competizione per super campioni, la nuova Champions Cup nell’ambito della nuova EPCR. Alcuni di questi super-club, ad esempio, già pensano e chiedono di giocare gare del proprio campionato o propri Test Match non nel proprio stadio di vocazione ma in giro per il mondo: come una “Nazionale”.

La questione sollevata da Joel Stransky è quindi di grande attualità ma soprattutto la cosa è particolarmente importante perchè ora si sta raccontando di questo contrasto in maniera davvero pesante per la prima volta in un paese del Sud del mondo. Insomma la cosa davanti alla quale ci mette Stransky è direttamente collegata, ad esempio, con la nuova formula del Super Rugby diventato un mastodonte a 18 squadre suddivise in Conference e con una programmazione super serrata.

Il Sudafrica che ha fatto flop nell’ultimo torneo è quindi una scusa buona per far rilevare un contrasto nascente nel sud del mondo fra i grandi interessi che stanno muovendo il rugby di altissimo livello.

La ricerca di una sintesi in Sudafrica non sarà facile, specialmente perchè siamo in un paese già immerso in problemi importanti, non ultimo quello razziale evidenziato dalla questione delle “quote nere”.  Comunque sia siamo all’alba di scelte importanti per tutto il rugby mondiale e le parole di Joel Stransky sono lì a dimostrare che non sono pesi facili da trasportare e purtroppo nemmeno nodi semplici da sciogliere.

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