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AFFARI ESTERI

SEI NAZIONI: QUANTO COSTA LA FELICITA’ (DEGLI ALTRI)

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Il Sei Nazioni è palesemente sotto tiro, molti potrebbero dire che sotto tiro c’è l’Italia ma sarebbe troppo semplicistico, forse è davvero il Torneo ad esserlo ed alcuni suoi partecipanti accettano pure di esserlo perchè … tanto c’è l’Italia… .

La notizia, trovate la sua sintesi su OnRrugby, è un articolo illuminante apparso su Rugby Paper che racconta della possibilità che il celebre torneo europeo si apra al meccanismo delle retrocessioni per dare la possibilità a Georgia e Romania di sentire il profumo, magari solo da lontano, di Twickenham o del Millennium Stadium.

Il primo “attacco” al Sei Nazioni chiuso, ovvero così come è adesso, era venuto da Lapasset, ormai ex Chairman di World Rugby, il quale proprio sull’andarsene aveva ipotizzato l’apertura di cui sopra, bollata poi dal nostro Presidente federale come “campagna elettorale” del francese a favore del suo nuovo ruolo di presidente del Comitato promotore per le Olimpiadi 2024 a Parigi.

Il secondo attacco è arrivato a poche ore dalla sua elezione dal nuovo Presidente World Rugby Beaumont il quale ha parlato dello slittamento del calendario del Sei Nazioni ad aprile. Avrebbe potuto dire altro ma, per far capire i propri obiettivi, non bisogna per forza disegnare tutto il paesaggio, basta raccontare dove si punta il mirino.

Scozia e Galles sarebbero favorevoli ad un meccanismo di retrocessione a mezzo play off o quant’altro e qui cadono le speranza dell’Italia, grande ultima della classifica del Sei Nazioni, che quelli di Edinburgo temano di andare indietro o quelli di Cardiff  temano di perdere elementi di tradizione a loro cari. Dovesse quindi davvero partire una trattativa per le modifiche al Sei Nazioni, va ricordato che ogni modifica richiede l’unanimità dei componenti, l’Italia dovrà forse trattare e farsi “dare qualcosa” (sterline sonanti?) in cambio della felicità degli altri. 

Insomma, allestire in assoluto il migliore Villaggio Terzo tempo  del Sei Nazioni, altra argomentazione uscita dai piani altissimi della Federazione italiana per contrastare l’ipotesi apparsa poi su Rugby Paper, potrebbe non bastare più, dobbiamo proprio giocare bene anche a rugby.  

La questione è solo alle battute iniziali e tempo per discuterne e farsi una salda opinione ne abbiamo tantissimo ma intanto due brevi riflessioni.

La prima riflessione riguarda questa necessità del mondo delle Nation di sacrificare le Nazionali al posto dei club europei. Si potrebbe trovare assurdo si debba attuare cotanto meccanismo stravolgendo il torneo più antico del mondo per far entrare nella competizione i due paesi dell’est europeo quando EPCR, la organizzazione dei club prof del vecchio continente, non ha nemmeno preso in considerazione l’ingresso in forma stabile di almeno uno dei loro club in Champions o in Challenge Cup anzi, ha lavorato, al contrario, per emarginare questi club, ed anche gli italiani, a ruoli di terzo ordine.

Seconda riflessione. L’innovazione è la macchina del successo ed il Sei Nazioni non si può esimere se vuole mantenere intatto il suo fascino ma siamo sicuri che il Sei Nazioni, ovvero un Torneo, termine che ha un ben preciso significato, debba diventare il Campionato europeo di rugby? E’ questa la sua dimensione?

Il Sei Nazioni cambierà?  Si, prima o poi accadrà. Intanto se ne parla e questo è già un fatto clamoroso.

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