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FIR E DINTORNI

LA BELLA LETTERA DI BERNABO’, DALLE ZEBRE PER TUTTI

Bernabò

Al centro della foto l’ex-Presidente delle Zebre e Responsabile Grandi Eventi FIR Pier Luigi Bernabò

Convocata nei giorni scorsi la Assemblea dei Soci delle Zebre, dei “nuovi” soci sarebbe meglio dire. Ordine del giorno facile: nomina del nuovo consiglio di amministrazione e nuovo Presidente. Dei nomi, aspirazioni e idee dei nuovi soci, capofila i parmigiani già vicini al progetto Aironi, avremo tempo di parlarne, ora interessa analizzare qualche punto della lettera di commiato del Presidente uscente Pier Luigi Bernabò. 

Bella lettera, densa di attenzioni opportune e con qualche dimenticanza prevedibile; piace riportarne qui alcuni pezzi perchè non era scontata fosse così, non era scontato, nel clima plumbeo che si respira in questi anni nel nostro rugby, nemmeno qualcuno si fosse preso il disturbo di scriverla.

Non manca, fra le prime righe, il monito ai nuovi soci delle Zebre quando il Bernabò ricorda che “solo andando tutti nella stessa direzione si possono ottenere i risultati che le Zebre meritano.”. Rivolgersi ai nuovi protagonisti della franchigia del Nord-Ovest in questo modo è davvero il minimo sindacale visti i trascorsi, augurarsi non sia un passato che ritorna è davvero cosa che facciamo tutti di cuore.

Lascio le Zebre con il rammarico di non aver potuto realizzare ciò che avrebbe potuto consentire al club di fare il salto di qualità…”, qui magari il plenipotenziario della FIR avrebbe potuto allargarsi un po’ di più ma in tempi in cui la sincerità è un optional va bene anche così. E’ già questa la ammissione del fallimento generale del costosissimo “progetto Zebre”, quando il Berbabò prova a raccontare le cose buone fatte nelle Zebre  scivola palesemente: aver realizzato il “terzo tempo” o aver avuto relazioni proficue con le istituzioni è scontato, sono cose che a non averle era meglio trasferirsi tutti alla pallavolo. Il Bernabò ha poi una parola anche sullo scarso pubblico che segue le Zebre ed ammette essere “lontani dagli standard necessari”. Si sapeva, innegabile per tutti, anche per lui.

Dice poi Bernabò: “Desidero fare una riflessione su provvedimenti e posizioni severe che, nella scorsa stagione, ho preteso che la Società prendesse nei confronti di alcuni giocatori, tecnici e dirigenti. Non è stato facile e non mi hanno lasciato indifferente le conseguenze professionali e umane, ma sono convinto che il consenso che ha sempre più il nostro sport in Italia non può essere messo in discussione da comportamenti e da episodi che possano  minare il patrimonio che stiamo acquisendo con fatica e anche con precise strategie”.  Non c’è bisogno di alcun commento su questo passaggio, molto più che condivisibile, ottimo. Le vicende di Cavinato e Manghi e di altri che in questi mesi hanno assaggiato il ferro duro delle Zebre sono tutte li; come invece certe vicende sono nate  e si sono alimentate, come sono maturate nel tempo ed in un club a guida federale comportamenti di questo tipo fa parte di quella aurea di intoccabilità che comprende, caro il nostro Pier Luigi, tutti i capi della FIR, liberi di svettare, spesso dall’alto di risultati tutt’altro che brillanti, certi della loro imprendibilità.

Bernabò racconta fatti reali, suggerisce riflessioni spendibili, invita a comportamenti eticamente corretti ma quando dice ” Tutti noi abbiamo la responsabilità di dare credibilità alla percezione di positiva diversità che ha il grande pubblico nei nostri confronti…” non si riesce a non collegarsi anche alla vicenda dell’allontanamento della Nazionale dal raduno e la trattativa per i premi dei Mondiali dei giocatori trasmessa vergognosamente in “diretta planetaria”. L’esempio non viene certo dall’alto, il Presidente della FIR certamente non lo da, tanto meno alcuni suoi dirigenti, come, tanto per citare un caso leggero ma recente, quello del manager del Seven beccato a fare il pavone durante le ore del fallimento del suo progetto che, scoperto, lancia insulti e sarcasmo a destra ed a manca.

La lettera di Bernabò è un compitino da portarsi in vacanza, non sarà la panacea di tutti i mali ma è uno dei pochi gesti di serietà e di rispetto nei confronti del rugby che sia sceso dal vertice ovale in questi anni, è un passaggio coerente, responsabile, certo partigiano ma almeno ricco di positività, cerca qualche spiegazione, guarda avanti con fiducia, parla senza timore di vittorie ed anche di sconfitte uscendo anche dallo stile “pravda” a cui ci vorrebbe abituare la attuale gestione FIR.

Pier Luigi Bernabò ha colto nel segno e c’è poco da aggiungere, anzi no, si merita un “grazie”. Sincero.

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