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AZZURRI

BRUNEL E QUELLA SENSAZIONE DI “ZERO VALORE AGGIUNTO”

j brunel

Brunel è arrivato a questo Sei Nazioni 2015 più serioso del solito, si è messo a rimescolare carte viste e riviste, anche tutte le “novità” per il prossimo match con l’Inghilterra sono mosse lette e rilette, spesso il frutto di errori fatti nel match precedente, quest’ultima poi pare essere una costante di Jaques Brunel: partire con il piede sbagliato. La sua forza è non ammetterlo mai.

E’ da molto tempo senza benzina il nostro Coach, è palesemente solo un coordinatore del team azzurro e non certo un “ispiratore”, da molto tempo non sembra essere un valore aggiunto per la Nazionale, almeno due anni e sono sempre due anni che il Brunel ci propina atteggiamenti sempre più schivi, sarà forse da quando, appena eletto, il Presidente Federale disse che “non lo aveva scelto lui”.

Può anche essere che sia cosciente di non aver centrato in questi anni azzurri un obiettivo che sia uno e quella sua aria da “io speriamo che me la cavo” sia una maschera di scuse. Eppure nel suo viaggio in biancorossoverde il Brunel ha pure infilato anche un Sei Nazioni decente ma il suo moto positivo è durato meno del canto di una marsigliese.

Non è valore aggiunto Brunel, non si riesce a vedere la mano del Coach sulla selezione azzurra, non è una questione di Irlanda o di Sudafrica è che chiunque incontriamo ci appiattiamo sul suo gioco, subiamo la sua iniziativa e poi speriamo nella giocata del singolo, fosse anche Samoa o le Fiji, il Giappone o la Scozia.

Così Brunel ormai è accompagnato  da una nostra tangibile sensazione, cresciuta piano piano fra i suoi silenzi e le sue scusanti post-match, una sensazione che oggi è concreta, non lo era un anno fa, oggi si, la sensazione che, dovessimo centrare una partita, dico una, fosse anche la prossima, che lui non sia stato in alcun modo determinante nella cosa.

Poi, caro il nostro Coach, c’è il suo palese appiattirsi su schemi fissi “salvavita”: la commediola un po’ scialba quando si cimenta nei suoi interventi stampa pre-match, le dichiarazioni post-partita condite di elementi standard dove lui racconta che siamo andati male, ci dice il perchè e scopriamo che lo sapevamo già, quando gli torna utile rifila la colpa dell’insuccesso a qualcuno o a qualcosa, poi saluta e lo vediamo alla successiva rappresentazione. Perchè Brunel va solo in scena, cose estemporanee non se ne vedono, lui gira intorno agli stessi quattro conetti in plastica, mai un cambio di direzione.

Mai che sia  comparso magari a sorpresa ad un match o ad un allenamento a Treviso e si sia mosso in libertà, parlando, confrontandosi, gestendo momenti con i Coach locali,  mai si sia visto fra i campi di qualche periferia, mai fuori dal palco che ogni volta costruiscono per lui e sul quale lui si accomoda.

Cosa davvero molto inconsueta per un tecnico Brunel dà l’impressione di essere dentro la politica federale in maniera totalele sue stesse convocazioni a volte paiono il frutto di uno schema politico, le sue dichiarazioni stampa assolutamente politically correct quando non sono addirittura vero sostegno a “los federales” contro tizio o caio.

Brunel rimase zitto persino quando il Presidente Federale si prese il “merito” e si attribuì la funzione di inserire giocatori nella Nazionale, di essere una specie di “selezionatore” di Azzurri, qualsiasi coach o almeno uno che pesa davvero, avrebbe avuto un moto di orgoglio. Brunel invece tace e pensa a cosa farà da grande.

Noi allora stiamo dietro a lui, abbiamo imparato il suo “schema fisso” ed un po’ ci speriamo che funzioni, perchè a noi basta una partita buona per essere a posto per tutto l’anno, siamo mica francesi noi e lui lo sa.

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