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FIR E DINTORNI

PALERMO DICE NO AL RUGBY E PARTE IL PROGRAMMATO PIAGNISTEO

PALERMO

La residualità è una brutta compagnia ed accorgersi di essere tali o, peggio, decisamente minori, può essere uno stupore solo per le prime volte; per questo vedo con il necessario distacco, ed un certo fastidio, l’indignazione generale per la vicenda della mancata concessione dello Stadio di Palermo per l’incontro di rugby Italia Vs Samoa.

Vedo con sospetto l’indignazione dei politici palermitani, sindaco in testa, vedo con tristezza il silenzio della FIR, nascosta dietro le tardive ed inutili esternazioni del CONI.

Non ci credo più, adesso basta, grazie, sono a posto così. Il calcio l’ho già misurato da tempo, i suoi difetti sono noti, i suoi tentacoli anche, le sue potentissime lobby forse sono ignote solo alla FIR.

La politica del rugby nazionale, della sua Federazione, di chiedere una stadio senza aver discusso prima con i veri “padroni” dell’impianto, ovvero la squadra locale di calcio e la sua Lega, per poi farsi sbattere la porta in faccia e poter piangere miseria in consolazione dei Vip del momento, sarà anche un modo di fare come tanti ma sicuramente è il più “piccolo” e meno manageriale che ci sia. Roba vecchiotta, strategia di basso profilo.

Abbiamo già pianto un po’ ovunque, Padova, Firenze, Torino, Bologna, Milano e, con questo sistema piagnucolone, è stato persino dimostrato che aver  avuto per il rugby per una volta San Siro non vuol dire poterlo avere anche la seconda, è accaduto, lo sappiamo, cosa vogliamo di più?

I soliti pallatondari hanno detto no al rugby a Palermo per difendere i loro ridondanti interessi tutt’altro che sportivi? Dove sta la novità?

Sarebbe stato bello fosse stata la FIR ad aver messo in campo una novità, un atteggiamento che non costringesse il rugby a mancare da certe regioni e stabilisse con largo anticipo dove l’Italia dovesse  andare a giocare. Creare un circuito di stadi rugby-friendly, gemellati con il nostro sport, con termini e condizioni stabilite a priori con sindaci e Presidenti locali del calcio, stadi pre-contrattualizzati dove l’evento possa  essere programmato con almeno otto mesi di anticipo per dare modo ad organizzazioni votate a questo tipo di approcci di costruirci intorno mini-eventi preparatori di tutti i tipi fin dai diversi mesi prima.

Idee come questa e molte altre, sicuramente migliori di questa, possono essere un buon viatico per costruire su basi solide il tour interno della nostra Nazionale di rugby.

Resta il fatto che, se vogliamo portare il rugby in giro per la penisola, tre test match non bastano, dobbiamo guardare anche al Sei Nazioni, il Board del Sei Nazioni venga interpellato per ottenere qualche deroga alla sede romana dei match del torneo continentale.

Mille idee più una per cambiare logica al nostro essere rugby in Italia, questo serve, basta clique pre-stampati, bisogna attualizzare il modo di proporre il nostro sport in tutta la penisola, è’ più bello pensare che il rugby sia circuito in Italia aperto a tutti che non il solito piagnisteo politicante.

Se a Palermo non ci vogliono non sanno cosa si perdono ma sanno con chi prendersela.

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