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FIR E DINTORNI

UN PRESIDENTE DI TROPPO

Roma 02-06-2009. 2 giugno festa della Repubblica italiana. Parata militare alla presenza delle piu alte cariche dello Stato.

Il tema è sempre quello ed è rappresentato dalla scelta personale di un uomo di successo, tale è Alfredo Gavazzi nel lavoro e nello sport, e sempre meno dalla necessaria costruzione di una strategia per il movimento italiano del rugby. Il Presidente federale ha esternato parecchio in queste ultime settimane, ha sparato spesso e soprattutto contro Treviso, la sua nuova frontiera fresca di conquista, lo ha fatto, non a caso, poco prima e subito dopo aver incontrato ed essersi riappacificato con il Comitato Regionale Veneto ed il suo Presidente Marzio Innocenti, lo ha fatto in maniera scomposta come si conviene ad un padrone più che ad un Presidente.

Essere “padrone” è evidentemente per Gavazzi una scelta personale, permettersi divagazioni come quelle in cui indica i giocatori da piazzare nei club, indica i coach e segnala i preparatori, partecipa alle riunioni della Commissione arbitri nazionale alla quale ha trovato la nuova sede presso il suo paesino del bresciano, blocca l’arrivo a Treviso di un preparatore di fiducia del coach della Benetton perchè ha compiuto un gesto a lui antipatico, queste e mille altre cose, fra le quali le dichiarazioni stampa sempre e solo sue, mai si è sentito parlare un Consigliere federale, sono il sintomo di una concezione padronale del proprio ruolo. Questo non è il metodo corretto per una federazione sportiva ma provate a raccontarglielo e, giurano in molti, vi cancella dalla agenda del telefono, il rugby con voi ha chiuso.

Questo non significa che Alfredo Gavazzi, diventato Presidente federale, abbia avuto la possibilità di essere diverso da così, ha trovato una FIR blindata sotto ogni incarico, i collaboratori di Dondi piazzati e quasi inamovibili, accordi di “coalizione elettorale” al limite del capestro, poca possibilità di movimento sulle scelte della Nazionale e sulla struttura tecnica federale in genere. Il Gavazzi era un Presidente apparentemente menomato e lui pare aver risposto, appena ha potuto,  con una sequenza di incarichi riconducibili alla propria sfera più stretta di collaboratori ed amici: il mondo di Calvisano.

Il mondo di Calvisano è entrato a tal punto nel gioco federale, tecnici, giocatori preparatori, medici e  collaboratori di ogni tipo, che la cittadina bresciana ed il suo rugby sono diventati incrocio di destini federali più che di club e qualcuno, ma questi ultimi sembrano davvero sragionamenti al limite della schizofrenia, teme pure per la finale di Eccellenza.

La nuova terra di conquista di Gavazzi si chiama Treviso, le sue dichiarazioni contro Treviso e Munari sono solo l’assaggio di una battaglia senza esclusione di colpi che il nuovo socio di maggioranza della Benetton, questo si sente il Presidente Federale a Treviso, ha messo in campo per “zebrare” il club veneto di Pro12, renderlo calvisanezzabile quel tanto che basta per metterci la propria bandierina. Cosa c’è di strano in tutto questo? Effettivamente nulla, una FIR che si muove solo in funzione di se stessa non può avere strategia diversa, non sarebbe coerente, il dramma non è quindi l’atteggiamento di Alfredo Gavazzi, sicuramente discutibile, ma la scelta di fondo che sta imponendo.

A Treviso però c’è Zatta, lui è il Presidente di Treviso, mentalità manageriale, grande passione ed abituato a lavorare per vision, un ostacolo non indifferente per Gavazzi; quest’ultimo passerà il tempo a giurare che lui non vuole fare il Presidente di Treviso per poi comandarne scelte due secondi dopo, costringere a mediazioni lo staff biancoverde, indurre polemiche di stampa per farle diventare oggetto di riunioni chiarificatrici, come la polemica messa in campo da Brunel, artista spocchioso ed opportunista delle altrui rivalità.

La frontiera del prossimo scontro è Treviso, uno scontro che potrà essere lungo un intero Campionato, non si sa se finirà in un contesto di indipendenza veneta o di egemonia zebrata, se finirà in Dogi già dalla prossima stagione ma così, Munari o no, non può andare: c’è un Presidente di troppo.

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