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FORZA RUGBY

L’APPLAUSO DI MONIGO

Durante l’incontro della Benetton nell’ultimo turno di Pro12 è arrivata allo stadio di Monigo la notizia che le Zebre si erano aggiudicate il proprio match, notizia che, comunicata dagli altoparlanti delle stadio, ha suscitato uno spontaneo sentito applauso del pubblico presente.

Questo l’accaduto ma la questione per la quale si consuma qualche riga qui e ora non è questa bensì il fatto che ed il come molti giornali hanno riportato la notizia di questo “applauso”: un po’ di commozione, un giusto pizzico di stupore, una buona dose di compiacimento, una manciata di buonismo ed  il solito paragone con lo sport degli “altri”.

Per il mondo del rugby, quello profondo, quello vissuto e non quello “sonoandatoancheioallolimpicounavolta“, quel gesto era invece naturale,  ordinario,  sincero,  scontato.

Tanta enfasi sui giornali per un gesto che non era dovuto ma che era sincero ha procurato a me e a molti amici ovali un altrettanto sincero prurito da infestazione.  Questo perchè  la necessità di riportare nei termini di cui sopra quell’applauso è in buona parte legato alla infestazione da cultura del dispetto di cui lo sport italiano è pervasa a mezzo dello sport dominante, il calcio, che, si sa, non ha il fair play nelle sue corde. Di fronte a tale infestazione ecco allora emergere l’esempio positivo, il piccolo e buon rugby che funziona a strette di mano e pacche sulle spalle. Niente di più falso.

Questa è l’interpretazione più docile a cotanto stupore per quell’applauso, l’altra interpretazione lascerebbe intendere che gli “stupiti di cui sopra” pensassero fino a qualche giorno fa a Monigo ci fosse una folla di assatanati e di sadici, interpretazione impensabile.

L’applauso di Monigo era talmente vero che non c’era bisogno di stupirsene, l’applauso di Monigo era scontato a tal punto da essere una lezione per tutti noi, troppo spesso legati a logiche di bottega spiccia, l’applauso di Monigo forse non aveva un bel nulla a che fare nè con l’amore per il rugby nè con altre forme di buonismo recondito, era molto di più:  era rispetto.

Questo è il rugby e lasciateci stare, non ci interessano i paragoni, non siamo eroi, tanto meno siamo contenti quando la nostra squadra perde la partita o la vince il nostro più acerrimo avversario, non è colpa nostra se a San Siro o altrove negli ultimi giorni hanno fatto caccia all’uomo invece di sport, lasciateci fuori, noi del rugby non siamo per niente buoni. Volete provare?

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