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FIR E DINTORNI

IL RUGBY ED IL “SUO” ARBITRO

C’è una domanda che tormenta da qualche giorno qualche tifoso, speriamo davvero pochissimi,  delle due “celtiche” (ora che detto campionato si chiama Pro12 come si chiamano ? “prododicesime” mi pare infantile anche come battuta) ovvero: riesce/può/è lecito che ad arbitrare una partita di codesto campionato si possa presentare un arbitro di identica nazionalità di una delle due squadre? Questo infatti è ciò che è accaduto in queste prime battute del RaboDirectPro12.
Secondo qualcuno dovrei adesso produrmi in una serie di sproloqui di natura tecnica per dimostrare la preparazione di John, Andy, Andrew, Greg, Alan e via così; insomma dovrei aprire  la discussione argomentando per via tecnica e confermando così che la domanda ha un senso, che si basa su di un concetto logico.
Questa domanda  invece,  secondo me, non merita nemmeno di essere presa in considerazione. Aver un dubbio così è’ uno dei tristi risultati della calciofilia che tenta la penetrazione nel tessuto del rugby, è un primo sintomo evidente della diffusione del nostro sport e della conseguente contaminazione con un tessuto sportivo infangato e dilaniato dalla logica molto calciofila del “raggiro” come logica operativa nelle relazioni  e nell’impianto stesso del gioco.
La logica che anima un dubbio come questo è quella della parzialità dell’arbitro. In questo caso la parzialità è dovuta non  solo ad una generica sua influenzabilità ma  quest’ultima pure dettata da motivazioni campanilistiche o nazionaliste, ovvero nemmeno motivazione di eccesso di tutela del gesto sportivo (c’è tutto un discorso sulla “reverenzialità” che incuterebbero gli All Blacks su qualsiasi arbitro e di qualsiasi nazionalità) ma per motivi di ordine banalmente sentimentale. Tale influenzabilità, qui il concetto che sta dietro la domanda iniziale esprime il peggio di se,  è messa inoltre in correlazione con il risultato finale dell’incontro.
Ha un senso questo? Non ha senso in nessuno sport e questo non è uno sport qualsiasi, questo è il rugby dove certi principi e logiche, addirittura di ordine regolamentare,  vanno esattamente in direzione opposta a questa classe di pensiero.
Apriamo un dibattito nuovo invece su come difendere i nostri arbitri ed i nostri giocatori affinchè, pur proiettati in una dimensione indispensabile di professionismo, possano restare immuni dagli effetti di domande e dubbi di questo tipo e possano continuare a sbagliare con il livello necessario di serenità. Questa è una bella domanda, qui ci giochiamo il nostro sport, a questa vale la pena provare a rispondere.

 

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